Il Museo Etnografico intitolato a Giovanni Podenzana (1863-1943) rappresenta una delle sezioni più antiche del Museo Civico della Spezia, istituito nel 1873.
La prima sede museale era costituita da due sale al pianterreno del vecchio Teatro Civico e i materiali esposti erano esemplari naturalistici (conchiglie, zoofiti, pesci e crostacei) a cui si aggiunsero reperti archeologici rinvenuti durante i lavori di costruzione del Regio Arsenale.
Nel regolamento del 1887 scopo del Museo era la raccolta e la conservazione dei reperti naturalistici, archeologici e delle memorie storiche della città.
Nel 1875 il Museo fu spostato nei locali dell’ufficio d’Arte in corso Cavour. Negli anni seguenti la struttura fu potenziata e, nel 1884, fu assunto Giovanni Podenzana, dapprima come preparatore-tassidermista, poi come conservatore (1891) ed infine come direttore tecnico delle raccolte di storia naturale (1923). Dal 1884 la direzione fu ricoperta da Davide Carazzi, fisiologo e naturalista il quale si adoperò affinché il Museo ottenesse una sede migliore: il piano terra delle scuole sull’attuale via don Minzoni. A Carazzi successe Ubaldo Mazzini sotto la cui guida il Museo accrebbe notevolmente il proprio prestigio a livello nazionale. Fu proprio in quegli anni che andò formandosi la raccolta etnografica per opera di Giovanni Podenzana che raccolse materiale etnografico in Italia e all'estero (Oceania, Asia ed America). Nel corso dei decenni le collezioni furono arricchite e ampliate dalle donazioni di privati cittadini.
Nel 1905 il Museo fu spostato nella Palazzina Crozza in corso Cavour dove rimase fino agli anni Trenta. Allo scoppio del secondo conflitto mondiale, una nuova sede era stata aperta nell’ex convento delle Clarisse, distrutto dai bombardamenti del 1943 e mai ricostruito.
A guerra finita le collezioni furono riportate nella Palazzina Crozza da dove ripartirono nel 1975 alla volta degli adiacenti locali in via Curtatone, 9 .
Gli anni Novanta e i primi anni duemila, sotto la direzione di Marzia Ratti, hanno visto una riqualificazione museale della città e parte delle collezioni storiche sono confluite nel Museo Archeologico presso il Castello di San Giorgio e nel Museo Etnografico presso l’ex Oratorio di San Bernardino.
Nella parte più antica della città vecchia, ai piedi della zona del “Poggio” sull’attuale via del Prione, si apriva, nelle mura del XIV secolo, la “Porta di Genova” da cui dipartiva la strada che conduceva all’alta valle del Vara e a Genova.
Nel 1445, nei pressi della suddetta Porta fu eretto un Oratorio dedicato a San Bernardino da Siena.
Dopo il 1812 l’Oratorio non fu più utilizzato per la celebrazione del culto del Santo e, a partire dall’anno 1864, l’edificio subì alcune modifiche dettate dalla necessità di adeguarlo alle successive destinazioni, ovvero sede per le sedute pubbliche del Consiglio Comunale e poi, dall’anno 1889, sede della Pubblica Assistenza.
L’intervento ottocentesco (compreso fra il 1806 ed il 1819) comportò il tamponamento di quella che in origine era una piazzetta posta fra l’Oratorio e la “Porta di Genova” attraverso la costruzione di un nuovo blocco di locali con la facciata principale ed il portone di ingresso sulla via del Prione.
Una volta superata l’addizione ottocentesca, il visitatore entra nella parte architettonica originale, ovvero la Chiesa di San Bernardino, costituita da un locale voltato a botte con otto ampie lunette congiungentesi al colmo, sul fondo della quale si trovano, in posizione rialzata e collegati da una scala, due piccoli locali, forse un coro. Il primo, il secondo ed il terzo piano dell’Oratorio si presentano oggi privi di riferimenti storici importanti poiché i rimaneggiamenti succedutisi nel tempo ne hanno stravolto il profilo al punto da rendere difficile la rilettura dei pochi segni rimasti.
L’intervento di ristrutturazione del complesso, per essere adibito ad esposizione museale, è stato terminato nell’anno 2000 ed ha comportato, oltre alla demolizione delle tramezzature non originali, la realizzazione di un impianto di ascensore e di due corpi scale, il primo in sostituzione di quello ottocentesco verso la via del Prione (con conservazione e restauro della rampa iniziale), il secondo nella zona soprastante i locali dell’originario coro verso la via XX settembre.